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Scoperta una “Pompei polare marziana”

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Una vista di Marte che mostra la calotta polare settentrionale del pianeta, sotto la quale lo studio condotto dall’Università del Texas ad Austin ha trovato resti di antiche calotte polari. Crediti Isro / Issdc / Emily Lakdawalla

Sono passati esattamente 302 giorni da quando il team di ricerca guidato da Roberto Orosei dell’Inaf ha scoperto il lago di acqua salmastra sotto la superficie di Marte. In uno studio pubblicato ieri su Geophysical Research Letters, è ora riportata la notizia della scoperta di un altro deposito sotterraneo di acqua. Questa volta, però, si tratta di acqua ghiacciata, e pare che sia uno dei più grandi depositi esistenti nel pianeta.

È un altro tassello che si aggiunge al puzzle del clima marziano nel lontano passato del pianeta. Un tassello fatto di ghiaccio. Strati di ghiaccio alternati a sabbia basaltica sepolti a 1.5 km circa sotto il polo nord, resti di antiche calotte polari che potrebbero rappresentare uno dei bacini più grandi di Marte. Un immenso deposito nel quale la presenza e il volume delle lastre di ghiaccio aumentano salendo in superficie, tanto che se si sciogliessero produrrebbero così tanta acqua da ricoprire l’intera la superficie del pianeta per uno spessore di 1.5 metri.

Il deposito è stato individuato grazie alle misurazioni raccolte dal radar Sharad (Shallow Subsurface Radar), lo strumento – sviluppato dall’Agenzia spaziale italiana – a bordo della sonda della Nasa Mars Reconnaissance Orbiter (Mro), che dal 2006 scruta dall’alto il pianeta. Il ritrovamento è ora confermato da uno studio indipendente, condotto utilizzando dati di gravità – piuttosto che dati radar – da un team di ricercatori della Johns Hopkins University con il quale collabora il geologo Stefano Nerozzi, primo autore dello studio pubblicato su Geophysical Research Letters. Originario di San Martino in Pedriolo (BO), laureato all’università di Bologna, Nerozzi lavora oggi negli Stati Uniti per un dottorato in scienze geologiche all’Università del Texas, ad Austin, dove è approdato grazie al progetto di scambio Tassep per studiare il polo nord di Marte. Media Inaf lo ha intervistato.

In che modo siete riusciti a capire quale materiale si nasconde nel sottosuolo del Pianeta rosso?

«Sharad invia segnali radio verso la superficie di Marte e registra il tempo impiegato da questi per essere riflessi dal sottosuolo. Utilizzando onde radio, Sharad è sensibile alle proprietà elettriche di sedimenti e rocce. In particolare, la velocità delle onde radio, e quindi il tempo impiegato dal segnale per attraversare un certo materiale, dipende da una caratteristica chiamata costante dielettrica. La costante dielettrica dei sedimenti presenti sotto la calotta polare indica che sono presenti grandi quantità di ghiaccio rispetto a sabbia basaltica, un risultato inaspettato. Le riflessioni delle onde radio (o eco) mostrano anche la stratigrafia di questo materiale, che risulta essere un’alternanza di spessi strati di ghiaccio, probabilmente resti di antiche calotte polari, e depositi di sabbia più sottili»

Stefano Nerozzi, dottorando presso l’Institute for Geophysics, Jackson School of Geosciences, Università del Texas, ad Austin, e primo autore dell’articolo sulla scoperta dei depositi di ghiaccio sotto il polo nord di Marte

Come vi spiegate la conservazione di così tanto ghiaccio?

«La sabbia basaltica è la chiave per conservare tutto questo ghiaccio, che riteniamo essere resti di antiche calotte polari. Il clima su Marte è molto variabile e dipende fortemente dall’inclinazione dell’asse di rotazione e eccentricità dell’orbita. In maniera simile alle ere glaciali sulla Terra, i parametri orbitali e il clima hanno subito variazioni drammatiche, risultando nella formazione e scomparsa di antiche calotte polari. Normalmente, le calotte polari scompaiono completamente se le condizioni climatiche non sono favorevoli. Ogni tanto, però, campi di dune e strati di sabbia trasportati dal vento hanno ricoperto vaste regioni delle calotte polari, preservandole fino a oggi. Volendo usare un’analogia, possiamo parlare di una sorta di “Pompei polare marziana”, in cui resti di calotte polari preservate sotto la sabbia fino ai giorni nostri ci raccontano del clima su Marte centinaia di milioni di anni fa».

Il deposito è stato trovato all’interno della cosiddetta “cavi unit” cos’è?

«La cavi unit è un’unità geologica caratterizzata da dune e altri depositi eolici, ovvero sedimenti trasportati dal vento. Insieme a questi c’è una certa quantità di ghiaccio. Fino a ora questa unità era esposta solo in piccole aree, e sembrava essere composta soprattutto di sabbia basaltica. La stragrande maggioranza della cavi unit è sepolta sotto una calotta polare spessa fino a 2 km. Il radar che abbiamo utilizzato è in grado di vedere attraverso il ghiaccio della calotta polare (che è quasi trasparente alle onde radio), mostrandoci la cavi unit nella sua interezza. È grazie a questa formidabile capacità di Sharad che siamo riusciti ad analizzare la cavi unit nel suo complesso e scoprire la sua reale composizione e struttura interna».

Sono passati 11 anni da quando Mro ha scoperto il deposito di ghiaccio non polare nel bacino Hellas Planitia. Cosa possiamo ancora attenderci da questa missione e dal suo radar Sharad?

«Negli ultimi anni Sharad ci ha fatto scoprire tanti altri depositi di ghiaccio e altre importanti unità geologiche, cambiando completamente la nostra visione dell’evoluzione di Marte. Ci sono tantissime osservazioni da parte di questo strumento che non sappiamo ancora spiegarci, una sorta di X-Files. Dopotutto, il nostro studio è iniziato in questo modo, con un’osservazione un po’ misteriosa. Sono sicuro che col tempo e con nuovi dati acquisiti da Sharad riusciremo a svelare molti altri misteri su Marte».

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